Come per ogni ripresa fotografica, in astrofotografia è fondamentale mettere a fuoco correttamente il nostro soggetto.
Tutti gli oggetti astronomici sono praticamente all’infinito e basta mettere a fuoco una volta per riprendere tutti i soggetti che vogliamo. Ma dall’altra parte ci sono delle complicazioni: l’uso di focali molto lunghe rende più evidente la turbolenza atmosferica e più critica la messa a fuoco. Inoltre, a parte poche eccezioni, i soggetti che riprendiamo sono poco luminosi.
In questo articolo vediamo alcune tecniche e alcuni trucchi per facilitare e migliorare la messa a fuoco in astrofotografia con CCD, webcam e digicam.
Come funziona
Per iniziare, chiariamoci le idee su cosa voglia dire mettere a fuoco.
Immaginiamo di avere un telescopio e un sensore (il ragionamento è lo stesso sia che sia una webcam, un CCD o una macchina fotografica). Per riferimento, guardate la figura qui sotto, in cui è rappresentato, per semplicità (il cammino della luce è lineare), un telescopio rifrattore.
Per mettere a fuoco, devo puntare una stella o un campo stellare sufficientemente luminoso.
La luce che proviene da una stella può essere considerata come costituita da raggi luminosi tutti paralleli, e viene fatta convergere dall’obiettivo in un punto sul piano focale, posto alla distanza F dall’obiettivo. La sua immagine è sempre un oggetto (quasi) puntiforme.
Se io metto il mio sensore (il rettangolo nero) in una posizione qualsiasi del cammino ottico, prima (intrafocale) o dopo (extrafocale) il piano focale, quel che vedrò sarà una macchia confusa, perché sto “tagliando” il cono di luce prodotto dall’obiettivo (figure a destra e sinistra). In questo caso, la luce proveniente dalla stella sarà distribuita su una superficie del mio sensore più o meno estesa, a seconda della distanza del sensore dal piano focale. Può capitare anche che la luce sia tanto “diluita” che sul mio sensore io non veda nulla, perché al di sotto della sensibilità del dispositivo.
Se invece riesco a mettere il sensore sul piano focale, raccoglierò tutta la luce della stella in un unico punto, ed avrò l’immagine più luminosa e nitida possibile (figure al centro).
Il difficile è proprio qui: come faccio a mettere il sensore proprio sul piano focale?
Messa a fuoco grossolana
Quando posso vedere l’immagine “in diretta” è facile: punto una stella, regolo la manopola di messa a fuoco fino a quando l’immagine è puntiforme, ed ecco fatto. Peccato che non sempre vedo l’immagine in diretta, e non è detto che questo metodo sia sufficientemente preciso.
Inoltre, potrei non veder nulla sul sensore, perché sono troppo lontano dal piano focale e la luce è troppo “diluita” come dicevamo prima. In questi casi, è meglio ricorrere a dei trucchi per avvicinarsi in modo grossolano alla corretta messa a fuoco.
Oculare parfocale
Il primo ed il più semplice, ove possibile, è procurarsi un oculare parfocale, ossia un oculare che ha una messa a fuoco molto vicina a quella del nostro sensore. Non è necessaria alcuna spesa, bastano un po’ di esperimenti con la strumentazione già in nostro possesso.
Di giorno, puntiamo il nostro telescopio su un soggetto terrestre facilmente riconoscibile, montiamo la nostra camera di ripresa, e mettiamo a fuoco. Trovato il miglior fuoco, smontiamo la camera senza toccare il fuocheggiatore e proviamo a mettere i nostri oculari, fino a trovare quello che va più o meno a fuoco in quella configurazione. Anche se l’oculare non va a battuta sul portaoculari non importa, basta mettere un segno sul barilotto per indicare di quanto andrà estratto. La prossima volta che vorremo fare una ripresa, prima metteremo a fuoco grossolanamente con questo oculare, e poi con la camera.
Schermo
Un altro trucco che possiamo usare è il seguente: misuriamo con un righello a quale distanza dal portaoculari va a finire il sensore quando lo applichiamo al telescopio. Prendiamo un tubo cilindrico di diametro pari a quello del portaoculari (per i portaoculari da 31,8 mm possiamo usare scatole di rullini fotografici) e fissiamo ad una estremità un foglio di carta da lucido (quella usata dagli architetti). Infine tagliamo il tubo in modo che il foglio di carta da lucido sia posto esattamente nello stesso punto in cui va a finire il sensore quando applicato al telescopio.
Quando puntiamo un oggetto abbastanza luminoso (la Luna, Saturno, Giove, Sirio, …), vediamo sullo schermo l’immagine prodotta dall’obiettivo, e la possiamo mettere a fuoco grossolanamente. Di nuovo, una volta ottenuta una messa a fuoco approssimativa, rimuoviamo lo schermo e applichiamo il sensore, e miglioriamo la messa a fuoco con una delle tecniche descritte di seguito.
Messa a fuoco precisa
La messa a fuoco precisa si ottiene sempre riprendendo una stella con la camera applicata al telescopio, e facendo uso di tutta la nostra pazienza e precisione. Vediamo che trucchi possiamo usare per aiutarci.
Reflex e “ingranditore”
Se sto facendo fotografie con una macchina fotografica reflex, vedo la stella direttamente nel mirino e posso prendere un cercatore, e usarlo per ingrandire l’immagine che vedo nel mirino della reflex. Chiaramente devo far attenzione che il cercatore sia correttamente a fuoco sul cielo, e che nel mio occhio non ci siano difetti visivi non compensati (traduco: se sono miope o altro, devo portare gli occhiali). È un po’ scomodo, ma funziona sempre.
Alcune nuove reflex digitali dispongono di una funzione simile nell’idea, ma diversa nella realizzazione, che agevola di molto la messa a fuoco, perché mostrano quel che vede il sensore in diretta sullo schermo LCD della camera, permettendo di zoommare per vedere più dettagli, e migliorare la messa a fuoco. I fortunati possessori di queste macchine fotografiche digitali non avranno problemi di messa a fuoco.
Maschera di Hartmann
Per quel che ne so, questo è uno dei metodi universali e più usati, ed è anche il mio preferito.
Torniamo a guardare l’immagine qui sopra, concentriamoci sulla seconda figura. Vediamo cosa accade al cono di luce prodotto dall’obiettivo quando vi antepongo un coperchio (o maschera) con due fori simmetrici: il cono di luce si separa in 2 coni più piccoli (che hanno in comune il vertice), e quando sono fuori fuoco vedo due macchie confuse, che si vanno avvicinando man mano che mi avvicino al piano focale. Quando sono sul piano focale, le due macchie luminose vanno a coincidere, e vedo un unico punto luminoso. Ho trovato il fuoco, tolgo la maschera e faccio le mie riprese.
Per costruirci una maschera possiamo usare qualsiasi materiale opaco che siamo in grado di lavorare (io ho usato il cartone). Semplicemente tagliamo un cerchio di diametro pari al nostro strumento, e su questo tagliamo 2, 3 o 4 fori in posizioni simmetriche, il più lontani possibile l’uno dall’altro e dal centro. Fare fori più piccoli e più distanti, in linea di principio, permette di ottenere una precisione migliore, ma d’altra parte ci darà un’immagine meno luminosa.
Con il mio Celestron C8 da 20 cm io uso una maschera di cartone con 3 fori circolari da 5 cm a 120 gradi, tangenti al diametro dello specchio. Quando si costruisce una maschera di Hartmann la precisione non è importante, se però abbiamo un telescopio riflettore ricordiamo di fare fori di dimensione adeguata per evitare lo specchio secondario.
Ho sentito di gente che utilizza maschere con fori di forme strane (triangolari, quadrate, cerchi con appendici, …), ma personalmente non vedo motivi per complicarsi la vita con queste cose. Ritengo però che vada la pena di ricordare una modifica all’idea della maschera a 3 fori, perché interessante.
In sostanza, si usa una maschera con 2 fori circolari e un terzo foro triangolare. Poiché quando passo il sensore dalla posizione intrafocale a quella extrafocale, la sagoma della maschera si capovolge, quando uso una maschera con questa sagoma so sempre in che direzione devo ruotare la manopola di messa a fuoco senza dover andare per prove ed errori.
Baffi di diffrazione
Questo è forse il metodo più preciso che possiamo usare
Si tratta di applicare davanti all’obiettivo degli “ostacoli” lineari, che quando porteremo l’immagine a fuoco appariranno come dei raggi luminosi particolarmente netti che si irradiano dalla stella. Il vantaggio principale di questo metodo è che non riduce in modo significativo l’apertura del mio strumento, e dunque lo posso usare anche con stelle più deboli.
Anche qui, se ne usano diverse configurazioni. Se abbiamo un telescopio Newton, quasi sicuramente ci saranno i sostegni dello specchio secondario a darci già questo effetto. Se usiamo un rifrattore o uno strumento catadiottrico (Maksutov-Cassegrain, Schmidt-Cassegrain, …) possiamo anteporre all’obiettivo del nastro adesivo (senza toccare l’ottica con l’adesivo!), delle bacchette, o un cordone spesso. Qualsiasi cosa andrà bene, purché sia opaca.
La configurazione che preferisco è quella con 2 strisce parallele e simmetriche rispetto al centro dell’obiettivo, che quando sono fuori fuoco appaiono come due linee che partono dalla stella, che si avvicinano fino ad unirsi una volta raggiunto il fuoco. Io utilizzo due strisce di nastro adesivo di carta fissato al tubo ottico, che rimuovo e butto via non appena ottengo la messa a fuoco ottimale (vedi figura che segue).
Qualche astrofilo affezionato all’aspetto delle vecchie astrofotografie e che ama le immagini delle stelle “con i raggi”, ma che usa telescopi rifrattori o SC, usa una coppia di strisce perpendicolari, che tiene anche durante le riprese, per avere nell’immagine finale 4 raggi che s’irradiano dalle stelle più luminose. Chiaramente, è solo una questione di gusti.
Correzione (18/02/2009): Ho detto che non vedevo ragione nell’usare maschere con forme “strane”, o comunque diverse dalla classica coppia di fori circolari. Dopo aver fatto numerose prove mi sono dovuto ricredere, mi sbagliavo!!!
Fondamentalmente, se usiamo una maschera a tre fori raccogliamo più luce, e questo facilita in molti casi la messa a fuoco.
Inoltre, se usiamo tre fori triangolari orientati tutti allo stesso modo, vedremo intorno all’immagine a fuoco della stella 6 raggi di diffrazione a 60°, mentre il dischetto della stella sarà sensibilmente più piccolo, perché parte della luce sarà distribuita sui raggi. In questa configurazione, il miglior fuoco si ottiene quando l’immagine stellare è la più piccola possibile ed i 6 raggi di diffrazione non mostrano sdoppiamenti e sono i più sottili e luminosi possibile.
In definitiva, una maschera a tre fori triangolari ci permette di ottenere risultati migliori e più rapidamente!
In pratica
Nella figura che segue potete vedere gli effetti delle tre diverse configurazioni citate, ripresi con una webcam al fuoco diretto del mio C8. La colonna a sinistra mostra l’aspetto dell’obiettivo del telescopio. La colonna A mostra l’immagine fuori fuoco, mentre la colonna D mostra l’immagine a fuoco. La colonna E mostra l’immagine molto fuori fuoco, per evidenziare degli effetti di diffrazione.
Le varie immagini sono state riprese nelle medesime condizioni, ma successivamente elaborate per rendere evidenti le caratteristiche interessanti che vorrei mostrarvi.
Alcune considerazioni
-Prima riga, messa a fuoco con l’apertura libera: La macchia centrale che si vede nelle immagini molto sfuocate è l’ombra dello specchio secondario del mio telescopio; notate che l’immagine mantiene sempre la stessa geometria, è sempre un cerchio.
-Seconda riga, maschera di Hartmann (guarda il riquadro a sinistra). Quando l’immagine è molto fuori fuoco, vedo 3 cerchi (un po’ deformati nel mio caso, perché i cerchi che ho tagliato si estendono oltre il diametro dell’obiettivo), ma questa struttura trilobata diventa un cerchio quando vado perfettamente a fuoco. Cambia la geometria, e questo dà un’indicazione chiara della qualità della messa a fuoco. Inoltre, quando passo da posizioni intrafocali a posizioni extrafocali, vedo che l’immagine si capovolge.
-Terza riga, in cui uso due strisce parallele di nastro davanti all’obiettivo. Quando sono molto fuori fuoco vedo l’ombra del nastro, mentre quando sono molto vicino al fuoco compare una coppia di raggi perpendicolari alle ombre di prima. Questi raggi si avvicinano l’un l’altro man mano che mi avvicino alla migliore messa a fuoco, e quando l’ho raggiunta si uniscono in un unico, nitido, raggio luminoso.
Esistono anche altre tecniche per ottenere un’ottima messa a fuoco. Per approfondire, visita le pagine correlate elencate nella colonna a sinistra.